Aldo

Famà

 

il dinamismo della linea

 

 

           

Si può ben dire che l’arte magica di Aldo Famà è giunta ormai alla perfezione formale e ad un icastico livello di profondità e di introspezione.

Il racconto interiore che l’artista dipana in termini sempre più allusivi, coagulati e rastremati attorno ai nuclei basilari della sua ricerca, è pervenuto infatti al suo diapason; e se talora resta ancora certa “difficoltà” ad essere letto o intuito nella sua essenza più intima attraverso i significati simbolici che cela e le sotterranee corrispondenze di cui è pervaso, pure dischiude quelle specole, quegli interstizi essenziali nei quali è possibile insinuarsi redditiziamente ai fini di una concreta perlustrazione e di una verace comprensione del suo senso e del suo valore.

In quest’opera di disvelamento del significato intimo delle sue composizioni ci è di valido ausilio in effetti un fatto molto evidente, che è poi una delle peculiarità fondanti del fare artistico di Famà: la presenza di una dialettica tra gli elementi geometrici e una massa rilievata, ruvida, materica, memoria di antiche sedimentazioni di calcari percorsi da segmenti fossili, che di norma costituisce il nucleo centrale delle sue composizioni.

E’ dunque una evidente dialettica tra gli opposti e i contrari che si accavallano, si intrecciano e si inseguono per infine comporsi ed amalgamarsi in un insieme armonioso ed equilibrato; dialettica, dunque, da intendersi come dissidio tra senso e ragione, tra sentimento e razionalità, tra caos e ordine, tra tensione dionisiaca e armonia apollinea.

E allora si scopre che l’aspirazione dell’artista è di armonizzare e di conciliare gli opposti, di ricondurre tutto ad un’unità; e, per estensione, di conciliare le opposte tensioni, le contrastanti pulsioni dell’uomo e del mondo circostante. Quei nuclei centrali materici e grumosi sono gli spazi dell’esistenza e nella loro muta nodosità ci fanno balenare l’indicibile che è nel fondo della nostra anima e della nostra vita: l’arte di Aldo Famà gli dà corpo, forma, immagine, rappresentazione.

Ognuno dei suoi quadri può essere ffiteso e interpretato in prima battuta con questo preciso significato: per il suo esprimere l’indicibile che è in noi — e dunque l’aspirazione all’incorporeità che poi mira alla trascendenza — che avalla tramite le nitide e fascino- se linee nate dalla fantasia, dall’immaginazione e, talora, anche dal sogno. Se questa è una prima chiave di interpretazione e di lettura del nascosto mondo di Famà, un’altra ci avverte che le sue composizioni sono metafore, allegorie, allusioni, parabole di stati d’animo; e che quindi le sue varie opere possono considerarsi come una sorta di archivio &lla memoria dove l’artista trova di volta in volta le singoli voci del suo dizionario espressivo che gli preme o gli urge di portare alla luce e focalizzare in modo specifico.

Voci che egli ordina, cataloga, inventaria in modo da alimentare un autentico serbatoio di dati, di fatti, di sensazioni e di sentimenti. Gli stessi titoli delle sue opere sono significativamente indicative in tal senso: questo archivio conserva e poi rivela i moti dell’anima, le memorie e i ricordi della vita. Un’altra chiave interpretativa la si può ricavare infatti proprio direttamente dai titoli dei suoi quadri, titoli di per se stessi di un’estrema, estenuante poeticità.

E la poesia è invero una delle note dominanti dell’arte di Famà, sempre presente e sempre aleggiante in ogni sua tela: che può, dunque, essere letta proprio come una poesia; astratta ma sempre e sicuramente poesia. Con un po’ d’azzardo ma senza incoscienza si potrebbe ricavare un’ulteriore chiave di lettura dalla musica, un’altra sorella dell’arte (che Famà conosce e pratica con discrezione); ogni tela allora può dare origine a certi ineffabili e impercettibili contrappunti musicali, a certi “spartiti” musicali del tutto particolari e speciali, dove le note sono i vari colori e ogni colore — nelle sue graduazioni e nelle sue sfumature — concretizza o fa intuire uno stato d’animo, una sensazione, un ricordo, una vibrazione dell’anima, un palpito di vita.

Così Aldo Famà realizza l’astrazione della realtà attraverso l’allusione e la traslazione in un’epoca di false e fuorvianti “certezze”; e lo fa da artista completo, totale, circolare: con quella circolarità che è data da una pittura che magistralmente convive con la poesia e la musica. E così il cerchio ideale nella sua arte è conchiuso e perfetto.

Tino Sangiglio

Pittori dell'anima - Istituto Giuliano di Storia, Cultura e Documentazione 2007

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